fino al 3 aprile 2021

JOHN GELLINGS

Vertical New York

19 novembre 2020

a cura di Batsceba Hardy e Christine Enrile 

Vertical New York di John Gellings è la prima mostra pensata per Discovery la fresca e vivace sezione espositiva dedicata alla nuove proposte che, c|e contemporary in linea con il suo programma internazionale, propone e che si caratterizza per la selezione di artisti il cui lavoro si contraddistingue per essere di elevata qualità ma non ancora inserito nel mondo dell’Arte Contemporanea.

Il linguaggio privilegiato dalle scelte curatoriali per questo luogo di aggregazione è quello della fotografia, qui utilizzato dagli artisti attraverso estetiche e ricerche differenti, per riflettere e tentare di dare risposte ai grandi interrogativi del nostro tempo. Questo progetto, risultato di un lavoro di ricerca e scouting che ha caratterizzato fin dalla sua fondazione la filosofia di c|e contemporary, ha trovato nel motto di Berthe Weill: “Place aux jeunes” (inteso nel senso di spazio all’entusiasmo, alla sincerità senza condizionamenti nella ricerca creativa) la sua sintesi concettuale e la sua concretizzazione nell’incontro con Batsceba Hardy, che con il suo gruppo internazionale di fotografi – Progressive Street – è alla perenne ricerca di “un altro mondo, ma in questo”, come le ha insegnato W.B. Yeats. Una parte dello spazio espositivo si è così trasformato in un vero e proprio laboratorio e incubatore artistico che, in contemporanea con le mostre di galleria, dà vita ad un calendario di proposte al di fuori degli schemi. Gli allestimenti periodici dell’area Discovery danno a collezionisti e appassionati di arte contemporanea l’opportunità di vivere l’esperienza personale della scoperta entrando in contatto con artisti che hanno avviato la loro carriera con progetti concettualmente rilevanti.

Ogni mostra è documentata da una pubblicazione e talora da talk di approfondimento”

Le torri dell’antica Babilonia sono diventate i cento grattacieli di Manhattan. New York: la nuova Babilonia. Vertiginose pareti precipitano nei canyon delle avenues. Migliaia di vetri brillano come il Sole. Uno dei paesaggi più spettacolari al mondo, costruito dall’uomo per l’uomo. Ed ecco le immagini suggestive di John Gellings coglierne la forza e la bellezza racchiuse e le ombre che vi incidono come pause. I passanti, lì, soli, fuggevoli, sembrano testimoni del segreto in transizione di queste architetture prodigiose. Manhattan-New York, palcoscenico per questi figuranti coi suoi background, spigoli, corridoi, superfici, lastre, strapiombi… Gellings invita a orizzontarci lungo le verticali, un segnale giusto per non smarrirsi. “Robert Capa una volta disse «Se le tue fotografie non sono abbastanza buone, non sei abbastanza vicino»”. Gellings accoglie la citazione come una sfida, avendo come sfondo perfetto New York e la sua verticalità. “Mi è sempre piaciuto fotografare i momenti tranquilli della metropoli frenetica. Fotografare di domenica mattina, con il minor numero di persone e auto, poca confusione intorno agli edifici alti che desideravo riprendere. Ciò riguarda il mio amore per il luogo più che per i suoi abitanti. Ma anche la solitudine che si può provare in un luogo in cui le persone vivono ammassate e sono troppo fredde per essere amichevoli con gli estranei”. Manhattan è una delle aree più densamente popolate al mondo (73.000 residenti per miglio quadrato) e come suggerisce l’autore “c’è anche anonimato, solitudine, nel camminare per le strade, e cerco di trasmetterlo nelle mie fotografie”. “L’uso dell’inquadratura verticale è stata la sfida. Spazio e spaziosità ma verticalmente parlando all’interno di strati continui di edifici. Alcuni dei miei amici lo consideravano brutto. Nella mia testa ostinata, ciò significava che l’inquadratura verticale era esattamente quella che dovevo usare. Così una sfida inizialmente personale è divenuta il mio modo preferito di rappresentare la verticalità della città. Mostrarla nella cornice verticale. Una vestibilità perfetta”. “Il mio lavoro è una convergenza tra fotografia di strada e fotografia di architettura, pur non essendo completamente conforme allo stile di entrambe. Sebbene le sfide che mi hanno portato a questo progetto siano state semplici e non troppo intellettuali, sono ormai parte integrante del mio sviluppo artistico e del mio modo di concepire la fotografia”. “Per quanto riguarda la mia tecnica, ho adoperato fotocamere digitali – sensore APS-c e 35mm full frame – (Fujifilm, Nikon e Sony) e il programma Lightroom dal 2008. Potendo fare digitalmente il controllo della prospettiva, riuscivo ad accoppiare la spontaneità della fotografia di strada con gli strumenti di correzione prospettica della fotografia di architettura. Ho preferito obiettivi tra 35-85mm per la loro mancanza di distorsione e una resa sicuramente lontana dalle foto di cellulari che tendono a fare affidamento sui grandangoli”. “Ho sempre cercato di fare le cose in modo diverso. Credo sia questo lo scopo dell’arte e la proposta di una scelta di immagini del mio progetto”.

testo: Batsceba Hardy

JOHN GELLINGS

Sono nato nel New Jersey, negli Stati Uniti, e ho iniziato a fotografare all’età di 17 anni. Sono sempre stato interessato all’arte durante i miei giorni di scuola primaria e secondaria, ma è stato solo quando ho acquistato una Pentax K1000 con i soldi della laurea che ho trovato il mio mezzo .

Tuttavia, si trattava principalmente di imparare le basi senza alcuna direzione o influenza. Stavo imparando questioni tecniche, ma non questioni concettuali. Tuttavia, la prima volta che ho visto il libro “William Eggleston’s Guide” a metà degli anni ’90, sono rimasto davvero affascinato dalla fotografia.

Sono passato immediatamente dalla fotografia in bianco e nero a quella a colori e ho iniziato a concentrarmi sugli elementi ordinari della vita quotidiana o, come alcuni lo chiamano, banali. Il libro è stato un’illuminazione per me ed è ancora influente nella mia fotografia oggi.

Una volta che mi sono trasferito a New York da adulto, ho trovato i miei contenuti, come molti altri, per strada. Ho vissuto e fotografato a New York fino al 2017. Da allora vivo e fotografo a Santiago, in Cile.

Una nuova città con nuovi contenuti da fotografare. Mi sono laureato in Belle Arti in Fotografia alla Mason Gross School of the Arts (Rutgers University, New Jersey) nel 1998.