PROROGATA FINO AL 15 MARZO
a cura di Christine Enrile con Rebecca Piva
L’artista (nata a Udine nel 1975 città dove vive e lavora) torna a Milano per questa nuova occasione espositiva che presenta una selezione di installazioni, alcune inedite, delle serie “Iride”, “Progressione” e “Studio-Eyes” risultato del suo sapiente uso dell’acquerello, china e pastello su carta.
Questi ultimi sono gli strumenti utilizzati da sempre da Vania per indagare l’essere umano nella sua ricerca sull’anima più profonda dei soggetti protagonisti delle sue opere, persone che gravitano nella sua vita e fanno parte dell’intreccio di relazioni che si muovono intorno a lei diventando mezzo d’indagine in una sorta di empatico rispecchiamento.
Nel suo lavoro c’è una profonda volontà analitica un vero e proprio percorso di conoscenza attuato con l’utilizzo del linguaggio a lei più congeniale quello della pittura e del disegno, che la conduce a scrutare e scomporre gli elementi fisiologici. L’analisi esteriore dei corpi, dei visi, delle espressioni, degli occhi, delle iridi si manifesta nei suoi disegni minuziosi e può essere letta come una vera e propria riflessione metafisica.
Vania Comoretti si esprime attraverso il particolare, la sua caratteristica è quella di osservare i dettagli, estrapolare i frammenti del corpo costruire l’immagine per dare e darsi spiegazione del tempo che passa, della perdita e persino della morte come avviene con il trittico inedito, presente in mostra, in cui l’ immagine/soggetto scompare nella luce.
L’occhio che va oltre il mondo fenomenico, che permette di investigare l’anima, che si addentra nel mistero trascendentale è il comune denominatore delle opere selezionate per la mostra ed è il protagonista della perturbante narrazione che prende vita nei dittici, trittici e polittici che il pubblico potrà visionare.
Osservando le opere di Vania, conversando con lei nelle fasi di preparazione della mostra ho compreso che quella di Vania sia una ricerca d’identità svolta attraverso un lento lavoro pittorico di riflessione, di sovrapposizione dei leggeri strati di colore che la conducono al risultato finale trascende, penetra e scavalca il sensibile per darci una visione intellettuale di una realtà altra.
Vi invito a guardare con “altri occhi” queste opere estremamente interessanti che ci sollecitano e ci spingono a porci domande sull’invisibile attraverso il visibile, sull’immateriale tramite la materia sull’immagine con l’astrazione.
Vorrei che di esse parlasse il silenzio perché per citare il famoso filosofo Ludwig Wittgenstein “su ciò di cui non si può parlare si deve tacere”.